Non esiste nessun demiurgo - parte 3
Senza un mondo in cui vivere, senza un tempo da trascorrere, senza
avventure da intraprendere, i nostri personaggi erano confinati nella
fantasia di ciascuno, le nostre schede erano carta straccia. Ci trovammo all'improvviso nel nulla.
Pregammo Francesco (il mio primo master e master dell'intero gruppo prima di me) di guidare il prossimo gioco: il massimo che ottenemmo furono nuove schede di personaggi che mai nessuno interpretò. Qualcosa di simile a un'idea mai pensata.
Pregammo Francesco (il mio primo master e master dell'intero gruppo prima di me) di guidare il prossimo gioco: il massimo che ottenemmo furono nuove schede di personaggi che mai nessuno interpretò. Qualcosa di simile a un'idea mai pensata.
Ci saremmo potuti accontentare di giochi di ruolo "normali",
come guardie e ladri o cose simili, ma il fascino e la complessità di
quel gioco erano inarrivabili. Mi
ricordo ancora che ci siamo posti lucidamente il problema. Eravamo sempre
a casa di Marco (di cui ho già raccontato le grandi doti strategiche) e scalpitavamo per capire come uscire da questa
situazione. Fu vano volgersi all'impegnatissimo Giovanni, il master degli altri prima che li affidasse a Francesco. Realizzammo subito che uno di
noi doveva condurre il gioco, ma il problema era che nessuno voleva farlo. Era visto sì come
un ruolo necessario (sennò il gioco non funziona), ma quel
giocatore è privo di personaggio, non poteva essere così importante
come i protagonisti della storia! In più c'era da impararsi fiumi di
pagine per capire come funziona il mondo, inventarsi una storia,
tenere in ordine i conti e gli appunti... bisognava studiare, e a noi — che lavoravamo come studenti e non eravamo nemmeno pagati per farlo — ci sembrava una faticaccia...
Mi
proposi per questa faticaccia, sempre nell'ottica di compiacere gli
altri e venire incontro a degli interessi tutto sommato comuni. Per
me fare il master voleva dire andare in porta al gioco del pallone:
uno che non corre, che sta fra i pali e non avrà mai l'ebrezza di
segnare una rete, che al massimo evita che la segnino gli altri. Al
tempo credevo che il calcio fosse noioso per colpa del portiere
perché parava i gol, cioè il momento più emozionante del gioco.
L'ultimo arrivato della compagnia si prestava quindi a giocare di
meno degli altri per il bene di tutti. Una "mossa" che al
giorno d'oggi non rifarei con la consapevolezza del ruolo che avevo
allora.
Faticaccia
effettivamente fu. Francesco ormai aveva altri interessi e
non aveva alcuna intenzione di stare appresso a 'sti scugnizzi cacacazzo,
nemmeno per un suggerimento all'ultimo arrivato che ne "ereditava"
il ruolo: lo vidi una volta o due col fratello minore di Marco a giocare al
videogioco del pallone — noiosissimo, c'erano pure i portieri. Gli
strappai al massimo qualche benedizione non troppo convinta.
L'edizione di Dungeons & Dragons era cambiata radicalmente (era
la terza, D&D 3ed.) e fu uno spartiacque fra i giochi di ruolo
precedenti e quelli successivi: dovetti quindi imparare delle
meccaniche totalmente nuove senza che potessi ricevere dritte da
qualcuno. Ero pur sempre l'ultimo arrivato: significava ogni volta
negoziare quel ruolo di cui gli altri mi investivano, qualcosa di
totalmente diverso da una persona più grande, con un'esperienza di
gioco longeva e un aplomb
da galantuomo anche quando augurava il peggio al tuo personaggio:
"Devi morire".
![]() |
Una delle rare apparizioni pubbliche di Francesco. Si dice che il suo ricordo echeggi nei personaggi controllati dai master che gli sono succeduti. Esempio: nei villaggi che hanno attraversato i protagonisti delle mie storie, ogni mendicante mancava poco diventasse l'abominio dei loro incubi, fattosi carne per ingurgitarli. Fonte: newgrounds |
Con
la diffusione capillare della rete domestica non è più un problema
trovare risorse sul gioco. Il confronto sui forum e i
download di stramacchio sono di facile accesso, basta semplicemente
volerlo. [0] Ai tempi, che non avevo internet, mi preparai un'estate
intera su tre manuali voluminosi che ci aveva prestato il fratello maggiore di
Marco, negoziante di quel buco asfissiante dove ti incontrai per la
prima volta, Volpe, e dove si ritrovava tutto l'agro per condividere
le passioni di pazzielle, giornaletti e affini. Un prestito insomma
impegnativo che non potevo deludere. La mia attività giornaliera era
l'assimilazione precisa di tutto l'assimilabile, non avevo mai
studiato con così tanta dedizione. Era una responsabilità pesante
impararsi da solo qualcosa di totalmente nuovo, spiegarla agli altri
e dare una quadra al tutto.
Mi ero quindi proposto per una missione più difficile di preparare un esame, a convincere cioè un luminare che in qualche modo tu sei degno di entrare nella sua cerchia di sapienti. Si trattava invece di rendere sapienti gli altri, molto più simile alle funzioni del docente di un corso introduttivo all'università. Questi corsi sono tenuti tipicamente da professoroni con esperienze di insegnamento decennali, assumendo che siano padroni della materia — cioè master! — e sappiano donare a degli scavezzacollo di qualsiasi risma lo spirito giusto e l'equipaggiamento adatto per affrontare le successive imprese.
Mi ero quindi proposto per una missione più difficile di preparare un esame, a convincere cioè un luminare che in qualche modo tu sei degno di entrare nella sua cerchia di sapienti. Si trattava invece di rendere sapienti gli altri, molto più simile alle funzioni del docente di un corso introduttivo all'università. Questi corsi sono tenuti tipicamente da professoroni con esperienze di insegnamento decennali, assumendo che siano padroni della materia — cioè master! — e sappiano donare a degli scavezzacollo di qualsiasi risma lo spirito giusto e l'equipaggiamento adatto per affrontare le successive imprese.
Tornata
la scuola a settembre, riprendemmo a giocare con me come master.
Comprai con i soldi miei una storiella introduttiva che mi aiutasse
passo dopo passo nella conduzione di un'avventura del gioco. Mi resi
conto che lo "stile" di conduzione di Francesco era
profondamente diverso dal mio, al netto delle differenze anagrafiche.
Francesco non è mai stato fedele alle regole e le piegava alla
bisogna. In più, dissuadeva i giocatori da impararle ed era
piuttosto riluttante al contraddittorio, forte anche del fatto che
come master poteva troncare la discussione in qualsiasi punto e
decidere per sé e per tutti. Nessuno sa effettivamente quanto
Francesco padroneggiasse le regole, ma di fatto non ci veniva nemmeno
in mente di metterlo in discussione. Non ce n'è mai fregato, non era
rilevante, per noi svolgeva bene il suo ruolo e tanto ci bastava.
Io
avevo un approccio opposto: per quanto forte del mio "studio",
cedevo sempre alla polemica regolistica perché (poteva capitare)
non ricordassi più punti e non sapevo come reagissero insieme. Per
me era un modo per saperne di più e anche per insegnare agli altri
quello che avevo appreso. Invitavo anzi alle opportunità di
approfondimento, visto che stavamo imparando tutti in quel momento.
Ero fiducioso che con la volontà e una certa dialettica saremmo
riusciti a sbrogliare qualsiasi cavillo. Una fiducia quasi
"positivista", a rivedermi indietro com'ero un tempo.
Quello
che per me era l'approccio perfetto si trasformò in un inferno. La
mia apertura a qualsiasi dialogo fu interpretata come una debolezza
nella conduzione. Gli attriti arrivarono subito, mi ricordo in
particolare di quel Luca che questionava ogni pie' sospinto, o di
Marco che scombinava sempre le carte in tavola e voleva fare cose
complicate. Era per me una situazione inedita e dovetti imparare a
improvvisare, a inventarmi una consistenza anche dove non c'era,
perfino nelle meccaniche!
Scoprii
che avevo un gruppo di rompipalle. Da una parte c'era chi
interpretava le regole a sua immagine (se non proprio inventandosele,
quelle facce come il culo), dall'altra gli sbadigli abbondavano
perché il gioco poteva bloccarsi su una minuzia anche per una buona
mezz'ora. Nessuno — dico: nessuno — aveva intenzione di imparare quei
cazzo di manuali come si dovesse. Erano lì per giocare. Punto. (continua)
[0] Questo, incidentalmente, è anche il motivo per cui non tollero oggi un certo tipo di gioco "videogiocato" e senz'anima.
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[0] Questo, incidentalmente, è anche il motivo per cui non tollero oggi un certo tipo di gioco "videogiocato" e senz'anima.
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